Il problema della segretezza negli appalti digitali
Altro errore che si potrebbe commettere è quello di ritenere l’utilizzo della PEC rispondente all’obbligo, normativamente imposto dall’art. 40 del D.Lgs. 50/2016, di valersi esclusivamente di mezzi elettronici di comunicazione nell’ambito delle procedure di affidamento di contratti pubblici. In realtà non è così, atteso che l’utilizzo della PEC per la trasmissione delle richieste di partecipazione alla gara e/o delle offerte vere e proprie non consentirebbe di rispettare il precetto contenuto nel citato art. 22 c. 3 della direttiva europea – recepito nell’art. 52 c. 5 del codice contratti – e tradizionalmente da sempre ritenuto ineludibile anche dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionali, secondo il quale le stazioni appaltanti possono esaminare il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione e ne devono garantire, sino a quel momento, la completa riservatezza. Questo postula la necessità di gestire la procedura di affidamento attraverso strumenti che consentano di preservare in ogni momento la segretezza e l’integrità delle comunicazioni scambiate e, in particolare, delle domande di partecipazione e delle offerte presentate, senza permettere ad alcuno l’accesso al loro contenuto prima del termine assegnato per la presentazione. In altre parole, la posta elettronica non è sufficiente, ma occorrono delle piattaforme di e-procurement che consentano di gestire le gare, comprese quelle informali e quelle di nuova generazione come i partenariati per l’innovazione o le procedure competitive con negoziazione, in modo interamente elettronico e completamente rispondente ai requisiti imposti dalla normativa Estratto dall’articolo di Paola ConioOsservatorio Agenda Digitale Politecnico di Milano.
Leggi tutto l’articolo su agendadigitale.eu