CANTIERE DONNA: Editoriale

Editoriale

di STEFANO FARINA e LARA CALANNI PILERI

Mentre pensavo ai contenuti di questo nuovo numero del Giornale dei Coordinatori mi è venuto  in mente un vecchio riferimento normativo:
Il D.P.R. 164/56 che all’articolo 48 (Lavoratori ammessi ai ponti) scriveva chiaro chiaro: È vietato adibire al lavoro sui ponti sospesi i minori di anni 18 e le donne.
Poi, con il tempo, l’idea che le donne potessero essere soggetto attivo in cantiere è diventata una realtà, anche se alcuni episodi che mi è capitato di veder vivere negli ultimi quindici anni (difficoltà per alcuni lavoratori di accettare le indicazioni di un’assistente donna, gesti scaramantici per l’accesso di una donna in una galleria in costruzione, …) mi hanno reso consapevole di come qualche problema di accettazione ci sia ancora. Ed allora ho preso in mano le prime due edizioni del Giornale dei Coordinatori, quelle pubblicate a febbraio e giugno, e mi sono reso conto che su 15 tra articoli e rubriche, in un solo caso appariva una firma femminile, tutto il resto era appannaggio degli uomini.
Il parallelo con la vita di cantiere è stato immediato, ed altrettanto immediato è stato il parallelo con i cantieri che vedono una prevalenza di uomini o per meglio dire un’esclusività di tali figure all’interno del proprio ambito (siano esse figure operative o tecniche).
Ecco allora l’idea di dedicare questo numero al Cantiere Donna, recuperare immediatamente una mancanza (ma non c’entra nulla il rispetto delle quote rosa), evidenziando il valore che la presenza delle donne ha in cantiere. E ad affiancarmi in questo editoriale una collega a cui lascio la parola:

Accolgo con piacere l’invito a parlare di cantiere ed in particolare di donne in cantiere. La mia esperienza in merito risale a quando da aspirante tecnico d’impresa alla fine degli anni ‘90, partivo alle 6 del mattino con la squadra su un camion, un Mercedes 2628, e rientravo con loro a fine giornata. Costruivamo una scogliera a margine di un torrente in alta montagna.
Del primo giorno ricordo dolori muscolari diffusi, le mani graffiate ed i miei capelli cortissimi.
Nella pausa pranzo salivo sul sedile dell’escavatore finché un giorno il caposquadra mi diede le chiavi per prendere confidenza con i comandi e non la smisi più.
Cantiere vuol dire duro lavoro, organizzazione, capacità di mantenere il ritmo di produzione, risolvere gli inevitabili imprevisti derivanti spesso da una superficiale progettazione, sapersi confrontare con gli utenti a cui si arreca disagio, con le altre aziende e con la direzione lavori e soprattutto tornare tutti a casa la sera sani e salvi. In tutto ciò occorrono capacità tecniche, di adattamento, di conoscenza profonda delle dinamiche di cantiere, capacità umane e relazionali che portano a creare un team coeso. Tutto questo può essere fatto indifferentemente da un uomo o da una donna.
Ma se trovate una donna in cantiere, sappiate che lei ha scelto di essere lì, in un luogo prevalentemente maschile, pericoloso, inospitale e culturalmente pieno di pregiudizi. Nonostante tutto questo, lei è lì.
Poi ci sono le competenze che regala la maternità, ma questo, forse, lo racconterò un’altra volta.
Nel frattempo in questo numero troverete quattro articoli scritti da donne, esperienze e ruoli differenti, ma di primo piano. Naturalmente l’impegno è quello di continuare su questa strada proponendo in ogni numero la testimonianza di persone che del cantiere hanno fatto la loro vita (indipendentemente dal genere).

Buona lettura.

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